Pericolo Grave

Il desiderio di certi sacerdoti della Fraternità San Pio X di ricercare un accordo pratico con le autorità della Chiesa, senza un accordo dottrinale, sembra essere una tentazione ricorrente. Per anni Mons. Fellay, come Superiore Generale della Fraternità, ha rifiutato l’idea, ma quando il 2 febbraio a Winona ha detto che Roma è disposta ad accettare la Fraternità così com’essa è, e che è pronta a soddisfare “tutte le esigenze della Fraternità . . . a livello pratico”, è come se Roma proponesse ancora una volta la medesima tentazione.

Tuttavia, le ultime notizie da Roma saranno note a molti di voi: a meno che non stia giuocando con la FSSPX, il Vaticano, lo scorso venerdì 16 marzo, ha comunicato che la risposta di gennaio di Mons. Fellay al Preambolo Dottrinale del 14 settembre dell’anno scorso, non è considerata “sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità”. E il Vaticano ha dato alla FSSPX un mese di tempo per “chiarire la sua posizione” ed “evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili”.

Ma cosa accadrebbe se Roma ad un tratto cessasse di chiedere l’accettazione del Concilio e della nuova Messa? Cosa accadrebbe se Roma dicesse: “Va bene. Ci abbiamo pensato. Rientrate nella Chiesa come avete chiesto. Vi daremo la libertà di criticare a piacimento il Concilio e la libertà di celebrare esclusivamente la Messa tridentina. Ma rientrate!” Da parte di Roma potrebbe essere una mossa molto astuta: come potrebbe rifiutare la Fraternità senza apparire incoerente e decisamente ingrata? Eppure dovrebbe rifiutare, pena la sua sopravvivenza. Parole pesanti: pena la sua sopravvivenza! Ma ecco in materia un commento di Mons. Lefebvre.

Il 5 maggio 1988 egli firmò col Card. Ratzinger il protocollo (una bozza provvisoria) di un accordo pratico fra Roma e la Fraternità. Il 6 maggio ritirò la sua firma (provvisoria). Il 13 giugno disse: “Col protocollo del 5 maggio saremmo presto morti. Non saremmo durati un anno. Adesso la Fraternità è unita, ma con quel protocollo avremmo dovuto stabilire dei rapporti con loro, si sarebbe prodotta la divisione in seno alla Fraternità, ogni cosa sarebbe divenuta causa di divisioni” (la sottolineatura è nostra). “Per il fatto che saremmo stati uniti con Roma, sarebbero giunte nuove vocazioni, ma queste non avrebbero tollerato un disaccordo con Roma – che significa divisione. Cosí come stanno adesso le cose, le vocazioni si vagliano da sé prima di venire da noi” (cosa che è ancora vera nei seminari della Fraternità).

E perché una tale divisione? (le vocazioni che sarebbero controverse sono solo un esempio tra tanti altri). Semplice, perché il protocollo del 5 maggio avrebbe sancito un accordo pratico basato su un radicale disaccordo dottrinale fra la religione di Dio e la religione dell’uomo. L’Arcivescovo continuava dicendo: “Ci stanno tirando verso il Concilio . . . mentre da parte nostra, mantenendoci distanti da loro, stiamo salvando la Fraternità e la Tradizione (la sottolineatura è nostra). Ma allora perché l’Arcivescovo aveva cercato prima un tale accordo? Egli diceva: “Abbiamo fatto un onesto sforzo per mantenere la Tradizione dentro la Chiesa ufficiale. Si è rivelato impossibile. Essi non sono cambiati, se non in peggio”.

Sono cambiati dal 1988? Molti pensano, solo sempre in peggio.

Kyrie eleison.