Distinzioni necessarie

Il principio che il cancro al fegato mi ucciderà senza che io abbia necessariamente il cancro al polmone (cfr. CE del 29 novembre) è fastidioso, perché significa che posso avere bisogno di distinguere invece di compiacermi in comode condanne. Però le distinzioni attengono al buon senso e corrispondono alla realtà. Così nell’odierna universale confusione, per rimanere ancorato alla realtà, ci sono momenti in cui ho bisogno di riconoscere che una miscela di buono e cattivo sarà male nel suo complesso, ma questo non significa che le sue parti buone, come parti, siano cattive, non più di quanto la bontà delle parti buone possa significare che sia buono il tutto.

Prendete per esempio la Messa Novus Ordo. Il nuovo rito nel suo insieme sminuisce tanto l’espressione di essenziali verità cattoliche (la Presenza Reale, il Sacrificio, il sacerdozio sacrificatore, ecc), da far sì che l’insieme sia così male che nessun sacerdote dovrebbe usarlo, né alcun cattolico assistervi. Ma questo non significa che quella parte della Messa che è la Forma sacramentale della Consacrazione del pane e del vino, sia cattiva o invalida. “Questo è il mio corpo” è sicuramente valido, “Questo è il calice del mio sangue” è più probabile che sia valido, e se è insuficiente, certamente non è perche il nuovo rito nel suo insieme non è cattolico. Quindi se io dico che la nuova Messa dev’essere sempre evitata, sto dicendo la verità, ma se dico che essa è sempre invalida, non sto dicendo la verità e prima o poi pagherò lo scotto della mia esagerazione.

Lo stesso vale per il nuovo Rito dell’Ordinazione sacerdotale. Il nuovo rito, nel suo insieme ha fortemente sminuito l’espressione delle verità essenziali del sacerdozio cattolico, soprattutto che si tratti di un sacerdozio sacrificatore, ma quella parte del nuovo Rito che costituisce la Forma sacramentale è semmai, almeno nella nuova versione latina, più forte (con l’”et” invece di “ut”) rispetto alla vecchia versione latina. Quindi supponendo che il vescovo ordinante sia un vero vescovo ed abbia la reale Intenzione sacramentale, è semplicemente non vero affermare che nessun sacerdote ordinato col nuovo rito possa essere un vero sacerdote. E se qualcuno lo dice, prima o poi pagherà un qualche scotto per essersi allontanato dalla verità.

Ora, per la de-cattolicizzazione di questi due nuovi Riti presi nel loro insieme, mentre non si può sostenere che le loro Forme sacramentali siano invalide, si può ben sostenere che alla lunga essi mettono a repentaglio e invalidano l’ Intenzione sacramentale del vescovo e del sacerdote, ma questo è un argomento diverso, non più chiaramente in bianco e nero, ma, ahimè, in grigio. In effetti, si argomenta che l’uso costante dei Riti de-cattolicizzati, altererà lentamente la concezione del vescovo o del sacerdote circa il senso di ciò che la Chiesa fa con quei Riti, al punto che alla fine l’uno o l’altro non avrà più l’Intenzione cattolica di fare ciò che fa la Chiesa, Intenzione necessaria per la validità del sacramento. In altre parole, il bianco solo gradualmente si volgerà al grigio e quindi al nero. Ma chi, oltre a Dio Onnipotente, può sapere con certezza quando il grigio si trasforma in nero? Ancora una volta, devo fare attenzione se voglio discernere e conoscere la verità.

Questo gioco tra il bianco e il nero, questa ambiguità, è ciò che è propriamente diabolico nella riforma conciliare dei Riti sacramentali. Se voglio dire la verità, non dirò che essi hanno distrutto i sacramenti cattolici, ma che certamente li hanno pregiudicati. Così, se voglio mantenere la Fede cattolica, io, nel loro insieme, li eviterò certamente.

Kyrie eleison.