Motu Proprio – I

Mons. Williamson ed io, questo pomeriggio abbiamo parlato dell’imminente (così sembra) documento del Vaticano. Avendo inteso dell’ottimismo da parte sua, ho fatto notare che è compito dei giovani (in questo caso io) essere ottimisti, mentre quello degli anziani (lui) è di essere pessimisti. E conoscendo la naturale propensione di Sua Eccellenza al “buio, buio, buio” come dice lui, io mi sono ritrovato di fronte alla insospettata affermazione della famosa allusione di Churchill del trionfo della speranza sull’esperienza.

“Eccellenza, Lei lo dovrebbe sapere bene!” Gli leggo alcune righe della lettera da lui scritta nel 1984:

“Il Decreto del Vaticano del 3 ottobre, pubblicato il 15 ottobre, che libera il Rito Tridentino della Messa, è sicuramente una delle migliori notizie che abbiamo avuto dopo tanto tempo . . . . Supponiamo che (il Papa) voglia sinceramente liberare la Tradizione – quale altro passo ci dovremmo realisticamente aspettare che egli faccia per invertire l’intera direzione di una grande organizzazione come la Chiesa cattolica? . . . Ci sono indicazioni che fanno pensare che questo decreto rappresenti realmente un cambio di direzione, una rottura rispetto al grande blocco anti-tridentino . . . esso dimostra che il salvataggio della Tradizione può giungere a partire dal vertice della Chiesa. La carità crede e spera tutto, e crede e spera che il Santo Padre stia qui governando come noi abbiamo da tempo sperato che facesse . . . . Quindi possiamo aspettarci che il Diavolo combatta appieno questo decreto con le unghie e con i denti, col silenzio, il ridicolo, l’inattività.”

“Eccellenza, questa sua lettera è del 1 novembre 1984! Da quello che Le ho sentito dire questo pomeriggio potrei cancellare questa data e metterci quella del 6 luglio 2007!”

“Ma Stephen, questo accadeva 23 anni fa e le cose erano molto diverse. Oggi le cose vanno molto, molto peggio . . .

“Perché allora questo dovrebbe essere meglio? Non è un motu proprio Ecclesia Dei?”

Sono stato così profondamente cinico e sospettoso su questo prossimo documento che mi è venuto da ridere nel vedere che tra tutti coloro che riponevano speranze in esso vi fosse Mons. Williamson, che, egli stesso lo ammetterà, è spesso un cinico per eccellenza.

Noi concordiamo su molte cose, così ho deciso di lasciare che parlasse e ho detto “aspettiamo e vediamo”. In serata la sua risposta, che riporto qui per la vostra considerazione:

Il tanto atteso “Motu Proprio” di Benedetto XVI, volto a liberare parzialmente quello che è noto come Rito Tridentino della Messa, dovrebbe essere pubblicato domani (7 luglio). Ecco quattro domande sull’argomento e le risposte che ha dato sei mesi fa:

Rivarol: Si dice che Benedetto XVI stia per liberare il rito tradizionale della Messa. Questa misura, sarà sufficiente per risolvere la crisi della Chiesa?

Mons. W.: Posso sbagliarmi, ma credo che anche solo una parziale liberalizzazione della Messa tradizionale sarebbe un grande passo in avanti per la Chiesa universale. Il potere della grazia contenuta nella Messa, attualmente strozzato com’è dal rito di Paolo VI, ricomincerebbe a fluire in tutto il mondo. Tuttavia, è necessario molto più che il ripristino del vero rito della Messa per risolvere la crisi della fede nella Chiesa.

Rivarol: Ma non è che questo “Motu Proprio”, finirà col creare più confusione che chiarezza in campo dottrinale?

Mons. W.: Appunto, non è semplicemente permettendo nuovamente il vero rito della Messa che i cattolici impareranno di nuovo a parteciparvi come si deve. Tutto dev’essere ricostruito, così sarebbe necessario cominciare con l’eliminare la confusione, come ad esempio le Messe ibride. Ma la ricostruzione deve cominciare da qualche parte, e penso che abbiamo bisogno di fiducia nel potere intrinseco del vero rito.

Rivarol: I cattolici tradizionali non rischiano di fondersi nelle parrocchie conciliari a scapito della fede integrale?

Mons. W.: Se dopo la liberalizzazione del vero rito, i cattolici tradizionali si fondessero nelle parrocchie conciliari, bisognerebbe chiedersi se hanno mai avuto la Fede integrale. È la fede che è in giuoco. Di conseguenza, dovrebbero essere i capi della Tradizione cattolica a formare in anticipo il loro gregge, in modo tale che il “Motu Proprio” possa fare più bene ai conciliaristi che male ai tradizionalisti. Questo richiede che questi ultimi comprendano chiaramente che il problema basilare è l’intera Fede cattolica, e non solo il rito della Messa.

Rivarol: Non è che la liberalizzazione della Messa tradizionale senza l’abolizione della Messa Novus Ordo, equivarrebbe ad accettare in linea di principio la coesistenza e la parità di valore di ciò che Mons. Lefebvre chiamava “La Messa di sempre” e la “Messa di Lutero”?

Mons. W.: “Ab inimico disce”, imparate dal vostro nemico, dicevano i Latini. Perché vi sono così tanti vescovi conciliari in subbuglio alla mera possibilità della liberalizzazione del vero rito della Messa? Non è forse perché sanno che se l’Arca dell’Alleanza sarà nuovamente permessa nei loro templi, i loro riti di Dagon saranno in pericolo? (Leggi il capitolo V del primo libro di Samuele!). Siamo noi che dovremmo avere paura con il nostro rito di San Pio V, più che loro con il loro rito di Paolo VI?

A torto o a ragione, queste sono ancora le risposte che darei per le stesse domande. Il tempo ci dirà.

Kyrie eleison.