Re insufficienti
Non mi sono mai sentito completamente a mio agio tra i monarchici, termine col quale intendo le persone per le quali un ritorno a re e regine potrebbe risolvere gran parte dei nostri attuali guai democratici. Convengo che le passate monarchie come quelle di Inghilterra, Francia e Russia siano di grande prospettiva per un viaggio nostalgico, e che Cromwell, Robespierre e Lenin furono degli infidi pionieri di un orribile Nuovo Ordine Mondiale. Tuttavia, la nostalgia risulta essere per me come una distrazione.
Tali pensieri nascono da una visita alla deliziosa mostra alla Tate (Britain) Gallery di Londra, aperta fino al 17 maggio, dal titolo “Van Dyck e la Gran Bretagna”. Sir Anthony van Dyck, nominato cavaliere dal Re Carlo I, fu il pittore eccezionale del XVII secolo in Inghilterra. Nato nel 1599 ad Anversa, in quello che oggi si chiama Belgio, mostrò un precoce talento per la pittura, e divenne ben presto il “miglior allievo” del celebre pittore fiammingo Peter Paul Rubens (1577–1640). Tra i viaggi giovanili sul continente, in particolare a Genova per imparare dai maestri italiani, fece una breve visita a Londra nel 1620–1621.
Tuttavia, dal 1632 fino alla sua morte prematura nel 1641, su invito del Re Carlo I Stuart, un appassionato mecenate, van Dyck venne in Inghilterra per rimanervi. Qui divenne il ritrattista alla moda e molto influente della classe dirigente inglese, proiettando, come senza dubbio voleva il Re, un’immagine fascinosa del regno degli Stuart. Il fascino rivive nei ritratti colorati e caratteristici che costituiscono la maggior parte di questa mostra.
Come i suoi maestri continentali, Rubens e Tiziano, e come la sposa del Re, Enrichetta Maria di Francia, van Dyck era cattolico. Anche se un puritano possa essere un pittore, mai potrebbe gioire come fa van Dyck nel gioco di luce su splendidi tessuti, né potrebbe ritrarre costumi ancora più fantasiosi di quanto fossero in realtà, come le maniche a palloncino di van Dyck. Naturalmente i puritani fecero guerra a Carlo, e nel 1649 gli tagliarono la testa, ma con la restaurazione degli Stuart del 1660 parte del colore e della gioia tornarono, e l’influenza di Van Dyck sulla ritrattistica inglese durò – si pensi in particolare a Gainsborough e Reynolds nel XVIII secolo – fino ai primi del XX secolo, quando alla fine le luci furono spente in tutta Europa, e le restanti monarchie si estinsero con esse, o si svuotarono.
Quindi solo i re non sono sufficienti. Essi possono patrocinare le arti, e le loro corti possono mantenere per un po’ il fascino e la gloria, come risulta ad esempio da van Dyck, nelle cui fascinose tele si trova sorprendentemente poca o nessuna traccia delle tensioni omicide presenti negli anni 1630 in Inghilterra. Infatti, subito dopo di lui il Re e la corte furono spazzati via, e restaurati solo con criteri moderni. Che serve allora per superare la modernità incolore e senza fascino? Non meno del Re dei re, e della sua Croce cattolica! “O crux ave, spes unica” – “Salve a te, o Croce, nostra unica speranza”.
Kyrie eleison.