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Pretese malate

Pretese malate on Maggio 23, 2009

Un altro mio amico mi dice che in occasione di qualche anniversario di Shakespeare (1564–1616), molte persone, senza dubbio per combattere l’”omofobia”, sostengono ancora che lui fosse uno di “loro”. Per provare che il Bardo appartenesse a quello che viene spesso chiamata la “Lavender Brigata” [dallo pseudonimo usato dal primo artista americano dichiaratamente omosessuale], ricorrono solitamente ai Sonetti, molti dei quali erano davvero amorevolmente indirizzati a un certo giovane. Cerchiamo di districare il pasticcio.

In primo luogo, gli uomini che male usano con gli uomini o le donne che male usano con le donne, quel processo che Dio ha dato loro perché gli uni lo pratichino con le altre propriamente per la riproduzione e la continuazione della razza umana, commettono un così grave peccato contro Dio e la società umana che la Chiesa cattolica lo indica come uno dei quattro peccati che gridano “vendetta al cospetto di Dio”. Per garantire la continuità dell’umanità, Dio ha dato ad ognuno di noi una profonda e naturale ripugnanza dell’uomo per l’uomo, o della donna per la donna. Abbellire il peccato oscurandone la ripugnanza come “omofobia”, è cosa mentalmente e moralmente malata.

Tuttavia, “ per i contaminati e gli infedeli nulla è puro ” ( Tito I, 15). Per le menti malate, non ci può essere qualcosa come un amore puro tra uomo e uomo. Pertanto, quando la Scrittura ( II Samuele I, 26), ci presenta un tale amore come nobile all’estremo, come quando Davide piange per il suo amico morto Gionata – “ l’angoscia mi stringe per te,?fratello mio Giònata!?Tu mi eri molto caro;?la tua amicizia era per me preziosa?più che amore di donna, come la madre ama il suo unico figlio, così io ti ho amato ”, queste menti malate diranno che tale amore dev’essere approvato non perché sarebbe privo di peccato, ma solo perché condannarlo come peccato sarebbe “omofobia”.

Il caso dell’amore di Shakespeare per il giovane da lui ha reso famoso nei suoi Sonetti è sicuramente simile. Molti di essi ci dicono come questo giovane fosse stato gratificato di una bellezza paragonabile a quella delle donne, o anche di più, dice Shakespeare. E a quanto pare quelli che ora cercano di arruolare il Bardo nei loro ranghi, si appellano in particolare al Sonetto 20, come alla prova della sua perversione. Ma mi chiedo: sanno leggere? Le prime otto strofe di questo sonetto possono lodare la bellezza femminile del giovane, ma le successive raccontano di come la natura lo avesse dotato anche di una funzione maschile, che non è (1.12) ad uso di Shakespeare, ma solo delle donne (1.13). Conclusione? – “ Sia mio l’amare e loro il godere ” (1.14).

Se le persone che si sono lasciate intrappolare nel vizio contro natura, fanno tutto il possibile per uscirne, esse meritano la simpatia di tutte le anime sane. Ma se esse sguazzano nella loro perversione, facendo finta che i sani grandi uomini del passato fossero come loro, hanno bisogno di essere energicamente e chiaramente denunciate – fino a quanto non sarà illegale farlo!

Kyrie eleison.