Cesare

Canto d’uccelli

Canto d’uccelli on Aprile 11, 2009

Una cosa c’è stata di buono nel mio ritorno dall’Argentina in Inghilterra, il clima: dopo aver gustato la calda estate al Sud, sono arrivato al Nord nei giorni miti di fine febbraio, con una primavera precoce già in corso. Gli alberi che fioriscono, uno dopo l’altro, e gli uccelli che cantano. E come cantano, da soli o in concerto, formando un fluire a mala pena interrotto di allegria, cinguettii, trilli, pigolii, fischiettii!

Per lanciare il loro canto sembrano scegliere i rami degli alberi dove difficilmente possono essere visti, ma come possono essere uditi! Ci si chiede, come possono queste creature dal peso così leggero, emettere tanto suono? E perché? Solo per trovare un compagno? Ma mi è stato detto che qui cantano tutto l’anno. “Stai tranquillo”, – diceva Sant’Ignazio di Loyola a un piccolo fiore sul ciglio della strada – “So di Chi stai parlando.”

L’innamorata di un poeta romano aveva un passero come animale domestico, e Catullo ne descrive tutto il fascino. Ecco una libera traduzione della poesia da lui scritta quando il passero morì:—

Tutti i cuori che amano, si affliggono!

La mia amata ha perso il suo passero.

Il suo caro passero è morto.

Avrebbe preferito perdere i suoi occhi.

Come il bambino che si aggrappa alla madre,

Dalla mia amata non poteva allontanarsi,

Saltellando sul suo grembo, cinguettava

Tutto il giorno solo per lei.

Ma ora è nel buio della morte,

Da dove nessuno ha il potere di tornare.

O maledetta oscurità dell’Inferno,

Benché carino, tu lo divori!

Che dolce uccellino hai perso!

È morto, povero uccellino.

Dice che è colpa sua, la mia amata,

E i suoi occhi sono rossi di pianto.

Catullo fu contemporaneo di Giulio Cesare, che conosceva. E c’è un certo fascino nel rendersi conto di quanto l’antica Roma fosse tanto umana quanto eroica.

Kyrie eleison.

Missione di Roma

Missione di Roma on Ottobre 20, 2007

È commovente visitare Roma, per la sua grandezza antica e moderna. Dell’antico foro dove parlava Cicerone e dove Cesare trionfò, rimangono solo ruderi sparsi in un’enclave attorno alla quale vortica la città moderna. Eppure anche i frammenti spezzati bastano a richiamare le rime maestose del romano Virgilio:—

Tu regere imperio, populos, Romane, memento:

Hae tibi erunt artes, pacisque imponere morem,

Parcere subjectis, et debellare superbos.

Tu di reggere col tuo impero i popoli, o Romano, ricorda:

queste saranno le tue arti, e alla pace d’imporre una regola,

risparmiare gli arresi e sgominare i superbi.

Virgilio non era cristiano, perché è morto 19 anni prima della nascita di Nostro Signore. Eppure ogni antico Romano ha condiviso il suo senso della grande missione di Roma: creare un ordine mondiale. Solo poco di quanto fecero quegli antichi basta a capire cosa dovrebbe essere l’ordine mondiale.

I cattolici lo sanno. Ovunque a Roma ci sono reliquie, santuari, chiese e basiliche dei martiri che, riorientando la loro virilità romana sul Cristo morente, nel corso di 250 anni hanno trasformato la loro città nel centro mondiale dell’unica vera religione, che tale rimane oggi. E Madre Chiesa ha rime altrettanto maestose per ricordare questa trasformazione. Per esempio, dalla Festa dei Santi Pietro e Paolo:—

O Roma felix! Quae duorum Principum

Es consecrata glorioso sanguine.

Horum cruore purpurata ceteras

Excellis orbis una pulchritudines.

O felice Roma! Che di entrambi i Principi della Fede

Sei consacrata col sangue glorioso.

Imporporata col loro sangue

Tu sola eccelli in bellezza tra le città.

Ma dove è la romana virilità che resiste all’anticristiano Nuovo Ordine Mondiale che si sta costruendo oggi?

Kyrie eleison.