Contesto mutato
Contesto mutato on Settembre 20, 2014
Partendo dall’argomento contro il sedevacantismo visto come un miope errore in una complessiva situazione anomala, un amico italiano (CC) ha una visione più ampia di questa questione. Senza essere sacerdote o teologo, egli avanza l’opinione che il sedevacantismo sia solo uno dei numerosi tentativi nella Chiesa per inquadrare la crisi di oggi nelle categorie di ieri. Non si tratta di un cambio della teologia cattolica, ma della situazione reale in cui questa teologia deve essere applicata in seguito al cambiamento di rotta sopraggiunto col Vaticano II. Ecco un punto chiave circa questo mutamento della realtà:—
“Non è normale il mondo attuale, per il suo rifiutare la realtà oggettiva dell’esistenza di Dio e della necessaria sottomissione alle Sue leggi; e non è normale la compagine cattolica attuale che è giunta a subordinare la centralità di Dio alla centralità dell’uomo; e a questa anormalità, nella Chiesa si è giunti non con una svolta improvvisa, ma dopo aver seguito un lungo e complesso processo di allontanamento da Dio, i cui effetti dirompenti si sono manifestati col Vaticano II. Da alcuni secoli nella Chiesa sono stati allevati i germi della dissoluzione e gli uomini portatori di tali germi, e si è permesso che essi andassero ad occupare tutti i posti della gerarchia, fino al Soglio di Pietro.”
Il mio amico prosegue dicendo che se non si riesce a prendere in considerazione questa complessiva anomalia dello stato attuale della Chiesa, che è incredibilmente eppure realmente peggiorata come non mai, si corre il rischio di trattare con una realtà che non esiste più, seguendo dei riferimenti non più applicabili. Così, ad esempio, i sedevacantisti diranno che gli uomini di Chiesa odierni devono sapere che cosa stanno facendo, perché sono uomini intelligenti e istruiti. Non è così, dice CC: la loro predicazione e la loro pratica possono benissimo non essere più cattoliche, ma essi sono convinti di essere del tutto ortodossi. Tutto il mondo è impazzito. Essi sono semplicemente impazziti con esso, non per la perdita della ragione, ma perché hanno abbandonato l’uso di essa, e dal momento che la loro fede cattolica diviene sempre più debole, ecco che è sempre meno possibile impedire che finiscano col perderla del tutto.
Ma allora, si potrebbe obiettare, Dio deve aver abbandonato la sua Chiesa. Per rispondere, CC si rifà a tre citazioni della Scrittura. In primo luogo, Lc. XVIII, 8, dove Nostro Signore chiede se al suo ritorno ci sarà ancora la Fede sulla terra. Ovviamente un piccolo resto di sacerdoti e di laici (forse con alcuni vescovi) sarà sufficiente per garantire l’indefettibilità della Chiesa fino alla fine del mondo (si pensi alle presenti difficoltà della “Resistenza” a prendere forma). Allo stesso modo, in secondo luogo, Mt. XXIV, 11–14, dove si prevede che molti falsi profeti inganneranno molte anime, e la carità si raffredderà. E in terzo luogo, Lc. XXII, 31–32, dove Nostro Signore assegna a Pietro di confermare i fratelli nella fede, dopo essersi convertito, indicando chiaramente che la di lui fede sarà prima venuta meno. Così, quasi l’intera gerarchia può fallire, incluso Pietro, senza che con questo la Chiesa cessi di essere indefettibile, come quando gli Apostoli fuggirono tutti nell’Orto del Getsemani ( Mt. XXVI, 56).
In conclusione, la visione di CC della Chiesa di domani o dopodomani assomiglia fortemente a quella di Padre Calmel: che ognuno di noi faccia il suo dovere secondo il proprio stato di vita, e partecipi alla costruzione di una rete di piccole fortezze della Fede, ognuna con un sacerdote per assicurare i sacramenti, ma senza alcuna ormai inapplicabile teologia della Chiesa, né alcuna approvazione canonica ormai inottenibile, né alcun muro divisorio ormai superato, sopra il quale potrà scorrere la Fede. Queste fortezze saranno unite dalla Verità e avranno reciproci contatti di carità. Il resto è nelle mani di Dio.
Kyrie eleison.