Roma Insiste
All’incirca nello stesso periodo in cui Mons. Fellay faceva sapere che la FSSPX chiederà dei chiarimenti sul Preambolo Dottrinale, la risposta ai colloqui dottrinali svoltisi dal 2009 alla primavera di quest’anno, uno dei quattro teologi romani che presero parte a questi colloqui, Mons. Fernando Ocáriz, ha pubblicato un articolo, “Sull’adesione al Concilio Vaticano II”. Il suo tempismo dimostra che non siamo fuori dai guai, al contrario! Ma veniamo ai suoi argomenti, che almeno sono chiari.
Nella sua introduzione egli sostiene che il Concilio “pastorale” è stato comunque dottrinale. Ciò che è pastorale è basato sulla dottrina. Ciò che è pastorale intende salvare le anime, il che implica la dottrina. I documenti del Concilio contengono parecchia dottrina. Bene! Quanto meno, il Monsignore non cerca di schivare le accuse dottrinali rivolte al Concilio, dicendo che non fu dottrinale, come hanno fatto molti difensori di questo Concilio.
In seguito, circa il Magistero della Chiesa in generale, egli sostiene che il Vaticano II fu condotto da vescovi cattolici che hanno “il carisma della verità, l’autorità di Cristo e la luce dello Spirito Santo”. Negarlo, egli dice, “significa negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa”. Ma, Monsignore, che dire allora della massa dei vescovi cattolici che seguirono l’eresia ariana sotto Papa Liberio? Eccezionalmente, perfino la quasi totalità dei vescovi cattolici può andare dottrinalmente fuori strada. Se è successo una volta, può succedere ancora. È successo col Vaticano II, come dimostrano i documenti.
Continua quindi, sostenendo che gli insegnamenti non dogmatici e non definiti del Concilio richiedono nondimeno l’ossequio dei cattolici, “ossequio religioso della volontà e dell’intelletto”, che costituisce “un atto di obbedienza, radicata nella fiducia nell’assistenza divina al Magistero”. Monsignore, ai vescovi conciliari, come ai vescovi ariani, Iddio offrì indubbiamente tutta l’assistenza di cui avevano bisogno, ma essi la rifiutarono, com’è dimostrato nel caso di Vaticano II dall’allontanamento dei loro documenti dalla Sua Tradizione.
Infine, Mons. Ocáriz dà per scontato che dal momento che il Magistero cattolico è in continuità e il Vaticano II è stato Magistero, i suoi insegnamenti possono essere solo in continuità col passato. E se appaiono in rottura col passato, la cosa che il cattolico deve fare è interpretarli come se non vi sia alcuna rottura, come fa per esempio “l’ermeneutica della continuità” di Benedetto XVI. Ma, Monsignore, questi argomenti possono essere ribaltati. In effetti, vi è rottura dottrinale, come risulta dall’esame degli stessi documenti conciliari. (Per esempio, vi è (Vaticano II), o non vi è (Tradizione) un diritto umano a che non venga impedita la diffusione dell’errore?). Pertanto, il Vaticano II non è vero Magistero della Chiesa, tale che la cosa che il cattolico deve fare è mostrare che c’è davvero rottura con la Tradizione, come fece Mons. Lefebvre, invece di far finta che tale rottura non ci sia.
Per ultimo il Monsignore afferma che solo il Magistero può interpretare il Magistero. Il che ci riporta punto e a capo.
Cari lettori, Roma non è affatto fuori dai guai. Che il Cielo ci aiuti.
Kyrie eleison.