Seminario di Winona

Pericolo Grave

Pericolo Grave on Marzo 31, 2012

Il desiderio di certi sacerdoti della Fraternità San Pio X di ricercare un accordo pratico con le autorità della Chiesa, senza un accordo dottrinale, sembra essere una tentazione ricorrente. Per anni Mons. Fellay, come Superiore Generale della Fraternità, ha rifiutato l’idea, ma quando il 2 febbraio a Winona ha detto che Roma è disposta ad accettare la Fraternità così com’essa è, e che è pronta a soddisfare “tutte le esigenze della Fraternità . . . a livello pratico”, è come se Roma proponesse ancora una volta la medesima tentazione.

Tuttavia, le ultime notizie da Roma saranno note a molti di voi: a meno che non stia giuocando con la FSSPX, il Vaticano, lo scorso venerdì 16 marzo, ha comunicato che la risposta di gennaio di Mons. Fellay al Preambolo Dottrinale del 14 settembre dell’anno scorso, non è considerata “sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità”. E il Vaticano ha dato alla FSSPX un mese di tempo per “chiarire la sua posizione” ed “evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili”.

Ma cosa accadrebbe se Roma ad un tratto cessasse di chiedere l’accettazione del Concilio e della nuova Messa? Cosa accadrebbe se Roma dicesse: “Va bene. Ci abbiamo pensato. Rientrate nella Chiesa come avete chiesto. Vi daremo la libertà di criticare a piacimento il Concilio e la libertà di celebrare esclusivamente la Messa tridentina. Ma rientrate!” Da parte di Roma potrebbe essere una mossa molto astuta: come potrebbe rifiutare la Fraternità senza apparire incoerente e decisamente ingrata? Eppure dovrebbe rifiutare, pena la sua sopravvivenza. Parole pesanti: pena la sua sopravvivenza! Ma ecco in materia un commento di Mons. Lefebvre.

Il 5 maggio 1988 egli firmò col Card. Ratzinger il protocollo (una bozza provvisoria) di un accordo pratico fra Roma e la Fraternità. Il 6 maggio ritirò la sua firma (provvisoria). Il 13 giugno disse: “Col protocollo del 5 maggio saremmo presto morti. Non saremmo durati un anno. Adesso la Fraternità è unita, ma con quel protocollo avremmo dovuto stabilire dei rapporti con loro, si sarebbe prodotta la divisione in seno alla Fraternità, ogni cosa sarebbe divenuta causa di divisioni” (la sottolineatura è nostra). “Per il fatto che saremmo stati uniti con Roma, sarebbero giunte nuove vocazioni, ma queste non avrebbero tollerato un disaccordo con Roma – che significa divisione. Cosí come stanno adesso le cose, le vocazioni si vagliano da sé prima di venire da noi” (cosa che è ancora vera nei seminari della Fraternità).

E perché una tale divisione? (le vocazioni che sarebbero controverse sono solo un esempio tra tanti altri). Semplice, perché il protocollo del 5 maggio avrebbe sancito un accordo pratico basato su un radicale disaccordo dottrinale fra la religione di Dio e la religione dell’uomo. L’Arcivescovo continuava dicendo: “Ci stanno tirando verso il Concilio . . . mentre da parte nostra, mantenendoci distanti da loro, stiamo salvando la Fraternità e la Tradizione (la sottolineatura è nostra). Ma allora perché l’Arcivescovo aveva cercato prima un tale accordo? Egli diceva: “Abbiamo fatto un onesto sforzo per mantenere la Tradizione dentro la Chiesa ufficiale. Si è rivelato impossibile. Essi non sono cambiati, se non in peggio”.

Sono cambiati dal 1988? Molti pensano, solo sempre in peggio.

Kyrie eleison.

La Saggezza di Monsignore

La Saggezza di Monsignore on Dicembre 29, 2007

Lavorando sulle lettere mensili dal Seminario di Winona tra gli anni delle consacrazioni episcopali (1988) e l’anno della morte di Mons. Lefebvre (1991), ho avuto modo di leggere una serie di citazioni dirette di quegli ultimi anni della sua vita. Che chiarezza di visione!

Ecco alcuni esempi di metà giugno 1988, cioè dopo aver preso la decisione fare le consacrazioni, ma prima che le consacrazioni avessero luogo effettivamente:

“Non è vero che tra noi e Roma vi è solo una questione di dettagli da negoziare. Il problema di fondo è sempre lì – liberalismo e modernismo di Roma. Essi [gli uomini di Chiesa romani] intendono portare noi e tutte le nostre opere sul Concilio, mentre ci si lascia un po’ di Tradizione . . .”

Il cardinale Ratzinger [come poi avvenne] “mi ha messo davanti una lettera al Papa che avrei dovuto firmare, chiedendo scusa per i miei errori! Ma siamo noi che dovremmo interrogarli sulla loro fede! Dovremmo chiedere loro di pronunciare il giuramento antimodernista . . . . Ma ogni volta che io ho messo avanti loro liberalismo e il loro modernismo, non hanno mai risposto. Hanno continuato a persistere nei loro errori”.

“Più ci si pensa, più ci si rende conto che le loro intenzioni non sono buone . . . . Non possiamo metterci nelle loro mani . . . . Abbiamo fatto un onesto tentativo per continuare la Tradizione sotto la protezione di Roma, ma non ha funzionato . . . . Non hanno mai inteso assicurare un posto alla Tradizione in seno alla Chiesa. Ho intrapreso questi negoziati” (maggio 1988) sulla base “della debole speranza che questi uomini di Chiesa fossero cambiati. Essi non sono cambiati, se non in peggio” In conclusione: “Non credo che si possa dire che la Roma non abbia perso la fede”.

E nel 2007 e 2008, abbiamo visto qualcosa che venisse da Roma che ci persuadesse del contrario?

Se qualcuno la pensa così, che ci mostri la sua prova.

Kyrie eleison.