Colloqui difficili II

Colloqui difficili II on Settembre 19, 2009

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Due obiezioni sullo stesso inizio dei colloqui dottrinali che probabilmente presto avranno luogo a Roma fra le autorità della Chiesa e la Fraternità San Pio X, aiutano a inquadrare la natura, la finalità e i limiti di tali colloqui. La prima obiezione afferma che la dottrina cattolica non può essere oggetto di discussioni. La seconda afferma che nessun cattolico può presumere di discutere con i rappresentanti del Papa, come se si fosse su un piano di parità. Entrambe queste obiezioni si applicano in circostanze normali, ma oggi le circostanze non sono normali.

Per quanto riguarda la prima obiezione, è ovvio che l’immutabile e inalterabile dottrina cattolica non possa essere oggetto di discussioni. Il problema è che il Vaticano II si è impegnato a cambiare questa dottrina. Ad esempio, uno Stato cattolico può, o deve, tollerare la pratica pubblica delle false religioni? La Tradizione cattolica dice “può”, ma solo per evitare un male maggiore o per conseguire un bene maggiore. Il Vaticano II dice “deve”, in ogni circostanza. Ma se Gesù Cristo è da riconoscere come il Dio incarnato, solo il “può” è vero. Al contrario, se fosse vero il “deve”, necessariamente Gesù Cristo non potrebbe essere riconosciuto come Dio. Il “può” e il “deve” sono lontani tra loro come Gesù Cristo che sarebbe Dio o per natura divina o per scelta umana, e cioè come tra l’essere o il non essere Gesù oggettivamente Dio!

Eppure le odierne autorità romane sostengono che la dottrina del Vaticano II non rappresenti alcuna rottura con il dogma cattolico, ma piuttosto il suo continuo sviluppo. Salvo che – Dio non voglia! – anche la FSSPX finisca con l’abbandonare il dogma cattolico, ciò di cui si sta discutendo con queste autorità non è se Gesù è Dio, quindi non si sta mettendo in discussione la dottrina cattolica, si spera piuttosto di convincere i Romani con le orecchie aperte che la dottrina del Vaticano II è gravemente contraria alla dottrina cattolica. A questo proposito, anche quando il successo della FSSPX fosse minimo, ci sarebbe ancora da considerare che essa avrebbe fatto il suo dovere di rendere testimonianza alla Verità.

Ma i Romani possono replicare: “Noi rappresentiamo il Papa. Come osate presumere di discutere con noi?” Si tratta della seconda obiezione, e per tutti quelli che pensano che la Roma conciliare sia nella Verità, essa appare valida. Ma è la Verità che fa Roma e non Roma che fa la Verità. Nostro Signore stesso dichiara più volte nel Vangelo di San Giovanni che la Sua dottrina non è Sua, ma del Padre Suo (ad esempio in Gv.VII, 16). Ma se perfino Gesù non ha il potere di cambiare la dottrina cattolica, ancor meno ha il potere di cambiarla il suo Vicario, cioè i Papi! Se quindi il Papa, col suo libero arbitrio datogli da Dio, sceglie di scostarsi dalla dottrina cattolica, per ciò stesso mette da parte il suo status di Papa, così che per questo – mentre è ancora il Papa – pone se stesso e/o i suoi rappresentanti al di sotto di chi resta fedele alla dottrina del divino Maestro.

Pertanto, questa dignità che in qualche misura il Papa mette da parte col suo discostarsi dalla Verità, verrà acquisita da ogni cattolico che resta fedele a questa Verità. Come ebbe a dire una volta Mons. Lefebvre alle autorità romane che lo interrogavano sul suo dissenso da Papa Paolo VI: “ Dovrei essere io a interrogare voi! ”.

Mantenere la Verità di Dio Padre è l’orgoglio e l’umiltà, la vocazione e la gloria della piccola FSSPX di Monsignore. Se i colloqui con Roma dovessero rappresentare il minimo pericolo per la FSSPX di venir meno a questa vocazione, allora sarebbe meglio che i colloqui non si svolgessero.

Kyrie eleison.