ragione

Emozioni dilaganti

Emozioni dilaganti on Febbraio 9, 2019

In un altro interessante articolo sul bollettino periodico della TFP americana (Tradizione, Famiglia, Proprietà, del 4 gennaio), John Horvat osserva e critica un fenomeno diffuso della società moderna: le emozioni che sfuggono al controllo e dominano la vita delle persone. Anche in questo caso (cfr. il “Commento” 590 del 3 novembre 2018), mentre da un punto di vista cattolico la TFP internazionale si dimostra essere un’organizzazione vulnerabile a critiche più o meno severe (in particolare evitando la vera Chiesa), il suo bollettino americano ha molti articoli riflessivi ma accessibili per i cattolici di oggi che devono vivere in un mondo senza Dio. How Wisdom helps People Destroy the Dictatorship of the Emojis (“Come la saggezza aiuti le persone a distruggere la dittatura delle faccine”) di John Horvat, è uno di questi articoli.

Un “emoji” è una di quelle piccole immagini o simboli pittografici digitali usati per esprimere un’idea o un’emozione, in particolare quelle sorridenti o accigliate faccine che si trovano liberamente sui computer e che si inseriscono facilmente in un testo per esprimere una qualsiasi delle più svariate emozioni. Horvat usa le “emoji” come un esempio concreto della frequenza con cui le emozioni figurano nella società odierna. Egli sostiene che le emozioni non sono di per sé cattive, ma attualmente svolgono un ruolo troppo importante nella vita quotidiana, con risultati disastrosi per l’intera società. Quando le persone non vogliono affrontare la realtà di un mondo che include difficoltà e sofferenza, è allora che i sentimenti prevalgono sui fatti, dice Horvat, e invece di pensare, le persone si emozionano, come per esempio quando le crude emozioni alimentano la rabbia politica che sta scuotendo il mondo. Mentre fa male il dover pensare per capire perché i problemi del mondo sono come sono, ecco che le emozioni fanno star bene, e quindi si preferisce emozionarsi. Ma le emozioni hanno una comprensione necessariamente incompleta della realtà; è per questo che molte buone mogli che hanno istinti e intuizioni preziose, riconoscono che queste devono essere subordinate al ragionamento normalmente più elevato del loro marito (non alla sua tirannia). Ed ecco perché i nostri politici emotivi di oggi sono così folli; e perché la Neochiesa del Vaticano II e i suoi preti conciliari sono così effeminati.

Ma perché il ragionamento è superiore all’emozione? Perché il ragionamento appartiene alla parte più alta dell’uomo, alla sua mente e volontà, mentre le emozioni umane appartengono alle parti più basse dell’uomo, alle sue passioni con la sua volontà. Certamente Nostro Signore e la Madonna hanno avuto delle emozioni. Nostro Signore ha pianto sulla tomba di Lazzaro (Gv XI, 35). La Madonna ha sofferto intensamente quando smarrì il suo ragazzo di 12 anni (Lc. II, 48). Ma Ella con la sua ragione sottomise il suo dolore materno al mistero di Lui (Lc. II, 50), mentre Lui, 21 anni più tardi, nell’Orto del Getsemani, sottomise la sua umana agonia alla volontà del Padre Suo Celeste (Mt. XXVI, 39). Infatti, mentre tutti gli animali hanno appetiti o passioni sensoriali con cui rispondono alle sensazioni provenienti dall’esterno, solo l’animale razionale, l’uomo, possiede anche la facoltà superiore della volontà, con la quale risponde alle informazioni intellettive che gli provengono dalla mente. Questa dimensione intellettiva o razionale dell’uomo manca del tutto agli animali bruti o non-razionali.

Ora, nessuno sano di mente accusa un animale non-razionale di aver commesso peccato. Al peggio esso sta solo seguendo il suo istinto. Questo perché il bene e il male sono percepiti solo dalla mente dell’uomo ed attuati come tali dalla sua volontà. E questo perché l’avere la mente e la volontà permette all’uomo di avere la coscienza consapevole del peccato (Gv. I, 9), e di essere capace di peccare. Ed è per questo che la volontà dell’uomo deve seguire la sua superiore ragione e controllare le sue inferiori emozioni, né comprimendole troppo, né lasciandole andare completamente, ma utilizzandole secondo la ragione, in base a quello che la sua ragione naturale (Gv I, 9) gli dice essere giusto e non sbagliato.

Ne consegue che se gli uomini vogliono peccare, cominceranno con l’offuscare o con l’oscurare la loro coscienza, e possono benissimo finire col negare di avere la ragione e con l’affermare che gli animali sarebbero altrettanto razionali quanto loro. In mezzo a tali estremi essi lasceranno andare le loro emozioni in modo che non debbano più pensare e possano essere liberi di sguazzare nelle loro passioni. Horvat non va così in profondità, ma in realtà questo moderno scatenamento delle emozioni fa parte integrante della guerra totale che l’uomo moderno conduce contro Dio. Per lui, Dio deve solo uscire dal Suo universo, in modo che egli possa prendere il Suo posto e fare così quello che gli pare. Caro Dio, abbi pietà di noi!

Kyrie eleison.

Fede Vittoriosa

Fede Vittoriosa on Agosto 6, 2011

A titolo di risposta alla convincente critica di Mons. Tissier de Mallerais sul pensiero del Papa Benedetto XVI, presentata brevemente negli ultimi quattro numeri di questi “Commenti”, che possiamo dire ( Rom . VI, 1)?

Consideriamo tre argomenti con i quali dei buoni cattolici potrebbero cercare di difendere il Papa dall’accusa che il suo pensiero non è cattolico.

La prima linea di difesa potrebbe basarsi sull’affermazione generale che attaccare in qualunque modo il Papa significa aiutare i nemici della Chiesa.

Ma, il primo dovere del Papa non consiste nel “confermare i suoi fratelli nella Fede” ( Lc . XXII, 32)?

Se quindi il pensiero di un Papa si allontana seriamente dalla Fede e di conseguenza gli si fa notare, con tutto il dovuto rispetto, dove sta deviando, questo non significa attaccarlo o lavorare per i nemici della Chiesa. Significa invece aiutarlo a vederci chiaro nel compiere il suo dovere e ricordargli che l’unico e solo mezzo che ha per conquistare questi nemici, oggi più forti che mai, è: “la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra Fede” ( I Gv . V, 4).

Una seconda obiezione all’argomentare di Mons. Tissier, relativa al momento presente, potrebbe essere che Papa Benedetto è prigioniero in Vaticano, quindi non è libero di difendere la Tradizione cattolica come vorrebbe realmente.

Ora, è vero che i Papi del post-concilio sono stati attorniati da dignitari della Chiesa che erano e sono dei massoni segretamente intenzionati a distruggere la Chiesa, ed è anche possibile che a partire dal Vaticano II i finanzieri abbiano sempre più stretto un cappio finanziario al collo del Vaticano. Ma non ci sarebbe denaro bastante da subentrare alla vera dottrina se solo fosse proclamata, e se la fede di Benedetto XVI non fosse prigioniera degli errori hegeliani potrebbe facilmente vincere i massoni che lo circondano. Una vittoria ottenuta col martirio? Potrebbe volerci una serie di Papi martiri, ma se solo noi li meritassimo, come nella Chiesa antica, il Vaticano potrebbe presto essere nuovamente libero!

Di una terza più diretta obiezione si è accennato nell’ ultimo “CE” : Benedetto XVI potrebbe dichiarare di credere non solo nella Fede e nella Ragione che si correggono reciprocamente, ma anche nella Fede tradizionale. Di modo che egli potrebbe dire che crede assolutamente che il corpo crocifisso di Gesù risorse dalla tomba con la sua anima umana la mattina di Pasqua, tale che quando dice all’uomo moderno che il reale significato della Resurrezione non è quello di un corpo materiale che esce dalla tomba, ma quello dell’amore spirituale che vince la morte, non sta facendo altro che rendere accessibile la Resurrezione all’uomo moderno miscredente.

Ma, Santo Padre, è vero o non è vero che il corpo crocifisso è risorto da quella tomba materiale? Se non è vero , smettiamo di crederlo e smettiamo di fingere di crederlo, e Lei rinunci a essere il Papa di questi credenti deliranti. Ma se è vero che è risorto dalla tomba, allora è QUESTO che Lei deve proclamare al povero uomo moderno, e Lei deve – perdoni l’ardire – ricacciargli in gola la sua incredulità.

L’uomo moderno non ha bisogno che gli si racconti il ritornello dell’amorevolezza. Ne ascolta tutti i giorni! Lui ha bisogno di sentire che solo Nostro Signore veramente risorto è stato in grado sia di fermare i suoi nemici implacabili che vollero neutralizzarlo, sia di trasformare i suoi totalmente sfiduciati apostoli in conquistatori del mondo.

Santo Padre, è inutile cercare di stabilire un rapporto col mondo usando i pensieri corrotti che gli sono propri. Il mondo lo si conquista con i pensieri e le parole di Nostro Signore! E se per farlo Lei è obbligato a darci un esempio di martirio, voglia credere che si tratta dell’esempio di cui molti di noi potremmo aver bisogno in un futuro non troppo lontano.

Umilmente preghiamo per Lei.

Kyrie eleison.Londra, Inghilterra

Il Pensiero di Benedetto XVI – I

Il Pensiero di Benedetto XVI – I on Luglio 9, 2011

“Commenti Eleison” del 18 giugno ha promesso una serie di quattro numeri in cui si dimostra come sia “disorientato” il “modo di credere” di Papa Benedetto XVI. Essi presenteranno infatti una sintesi del prezioso studio scritto due anni fa da Mons. Tissier de Mallerais, uno dei quattro vescovi della Fraternità San Pio X, sul pensiero del Papa. Lo studio del vescovo, La fede in pericolo per la ragione , che lui definisce “senza pretese”, mette a nudo il problema fondamentale del Papa: come credere nella Fede cattolica in modo tale da non escludere i valori del mondo moderno. In esso si dimostra che un tale modo di credere è necessariamente disorientato, anche se il Papa in qualche modo crede ancora.

Lo studio si divide in quattro parti. Dopo un’importante Introduzione all’“ermeneutica della continuità” di Benedetto XVI, Mons. Tissier si sofferma brevemente sulle radici filosofiche e teologiche del pensiero del Papa. Espone poi i frutti di questo pensiero a riguardo del Vangelo, del dogma, della Chiesa e della società, della Regalità di Cristo e dei Fini Ultimi. Infine conclude con un giudizio misurato sulla nuova fede del Papa, molto critico, ma del tutto rispettoso.

Iniziamo con uno sguardo all’ Introduzione :—

Il problema di fondo per Benedetto XVI, come per tutti noi, è costituito dallo scontro tra la Fede cattolica e il mondo moderno. Per esempio, egli vede che la scienza moderna è amorale, che la società moderna è secolarizzata e la cultura moderna è multi-religiosa. Egli precisa che lo scontro è fra fede e ragione, fra la Fede della Chiesa e la ragione come elaborata dall’Illuminismo del XVIII secolo. Tuttavia, egli è convinto che queste possano e debbano essere interpretate in modo tale da armonizzarle tra loro . Da qui la sua incisiva partecipazione al Vaticano II, un Concilio che ha tentato anch’esso di riconciliare la Fede col mondo di oggi. Ma i tradizionalisti sostengono che il Concilio ha fallito, perché i suoi principi sono inconciliabili con la Fede. Da qui l’“ermeneutica della continuità” di Papa Benedetto, ossia un sistema di interpretazione che dimostrerebbe che non v’è rottura fra la Tradizione cattolica e il Vaticano II .

I principi dell’“ermeneutica” di Benedetto XVI risalgono ad uno storico tedesco del XIX secolo, Wilhelm Dilthey (1833–1911). Dilthey sosteneva che le verità sorgono dalla storia, così che esse possono essere comprese solo nella loro storia, e le verità umane non possono essere comprese senza il coinvolgimento del soggetto umano in questa storia. Ne consegue che per perpetuare nel presente il nucleo delle verità del passato, occorre depurarle da tutti gli elementi che appartengono al passato, ormai irrilevanti, e sostituirli con gli elementi importanti del presente. Questo doppio processo di purificazione e di arricchimento, Benedetto XVI lo applica alla Chiesa. Da un lato, la ragione deve purificare la Fede dagli errori del passato, per esempio dall’assolutismo, dall’altro, la Fede deve muovere la ragione a moderare i suoi attacchi contro la religione e a ricordare che i suoi valori umanistici di libertà, uguaglianza e fraternità sono tutti originati dalla Chiesa.

Il grande errore del Papa sta nel ritenere che le verità della Fede cattolica, su cui è stata edificata la civiltà cristiana e si fonda il debole resto rimasto, abbiano la loro origine nella storia umana, mentre in realtà esse originano dal seno eterno dell’immutabile Iddio. Esse sono verità eterne, dall’eternità per l’eternità. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”, dice Nostro Signore ( Mt . XXIV, 35). Né Dilthey né, come sembra, Benedetto XVI potrebbero concepire delle verità così al di sopra della storia umana, né al di sopra di qualche loro condizionamento storico.

Se il Papa pensa che facendo simili concessioni alla ragione infedele possa attrarre i suoi adepti alla Fede, bisogna farlo ricredere.

Essi semplicemente disprezzeranno la Fede ancor di più!

Nel prossimo si dirà delle radici filosofiche e teologiche del pensiero di Benedetto XVI.

Kyrie eleison.Londra, Inghilterra

Autorità virile

Autorità virile on Maggio 28, 2011

Due giovani, incerti se contrarre matrimonio, l’altro giorno mi hanno pregato di scrivere un manuale su come deve fare un uomo per comportarsi da uomo. Il loro è un vero grido di dolore: “Quando dobbiamo essere gradevoli con le donne e quando fermi? Non lo sappiamo proprio più!”. Ieri la risposta a questa domanda rientrava nel buon senso di molti uomini, ma oggi l’autorità è stata così ampiamente minata dalla propaganda liberale, che il problema del suo esercizio in seno al matrimonio può essere una ragione perché numerosi giovani preferiscano semplicemente vivere insieme piuttosto che sposarsi.

Ciò che segue non è un manuale, ma almeno potrà costituire un elemento indicativo della giusta direzione, per questi due giovani.

San Paolo dice: “Io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” ( Ef . III, 14–15). In altre parole, ogni paternità o autorità tra le creature di Dio è modellata e derivata dalla paternità e dall’autorità di Dio stesso. Come faceva dire Dostoevskij ad un suo personaggio: “Se Dio non esiste, non ho alcun diritto di essere un ufficiale dell’esercito”.

È questa la ragione per cui se gli uomini cacciano Dio dalle loro società, come avviene oggi nel mondo intero, ogni autorità è radicalmente compromessa. A livello individuale, la ragione non sarà in grado di governare le passioni, nella famiglia, il padre non sarà in grado di controllare il suo focolare domestico, e nello Stato, la democrazia apparirà come la sola legittima forma di governo, cosa che non è per niente vera.

Ora, osservando la vita quotidiana, chi può negare che nella famiglia gli uomini sono più forti delle donne nell’uso della ragione? Mentre le donne sono più forti degli uomini nell’intuizione e nell’emozione? Basta guardare qualsiasi commedia teatrale o televisiva.

Ora, i sentimenti hanno il loro giusto posto nella vita e solo a proprio rischio si potranno disprezzare, al pari della propria moglie. Nondimeno sono instabili, vanno e vengono, e come tali non sono una guida affidabile per l’azione. Invece, se la ragione discerne ciò che è oggettivamente vero e giusto, essa si stabilizza per il fatto che la verità e la giustizia oggettive sono al di sopra di ogni individuo e dei suoi sentimenti. Quindi, la ragione può dare ascolto ai sentimenti, ma li deve governare.

È per questo che gli uomini, in quanto tali, hanno una naturale autorità, posseduta solo eccezionalmente dalle donne, le quali hanno altre qualità. Ciò comporta che l’uomo sia naturalmente il capo della famiglia e della casa, mentre la donna ne sia naturalmente il cuore.

Ma il liberalismo che governa il mondo moderno dissolve ogni concezione di verità e di giustizia oggettive. In tal modo esso priva la ragione del suo oggetto, e la priva del suo obiettivo ancorato ad una realtà superiore e indipendente dal soggetto pensante. Essendo la ragione la prerogativa degli uomini, il liberalismo colpisce gli uomini prima delle donne, i cui istinti femminili sono piuttosto indipendenti dalla ragione. Per lo stesso motivo il liberalismo taglia alla radice l’autorità degli uomini, la quale deriva dal conformarsi a ciò che sta sopra di loro, cioè in definitiva dalla Verità e alla Giustizia divine, e così facendo induce facilmente all’uso arbitrario dell’autorità.

Allora, ragazzi, in tutte le vostre relazioni con uomini e donne, cercate di essere veri e giusti, e rivolgetevi a Dio per avere l’aiuto necessario per discernere verità e giustizia in mezzo alla tanta menzogna e ingiustizia e abuso arbitrario dell’autorità che oggi stanno intorno a noi.

Agite poi in base a questo discernimento e, in un mondo che la recide dal basso, ricostruirete la vostra autorità virile a partire dall’alto.

In breve: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” ( Mt . VI, 33).

Kyrie eleison.Londra, Inghilterra

Pochi Eletti?

Pochi Eletti? on Gennaio 22, 2011

Perché è così apparentemente difficile salvare la propria anima?

Perché – come ci viene detto – sono poche le anime salvate in rapporto al numero di anime dannate?

Dal momento che Dio vuole che tutte le anime si salvino ( I Tim . II, 4), perché non ha reso la cosa un po’ più facile, come sicuramente avrebbe potuto fare?

La risposta semplice e immediata è che non è poi così difficile salvare la propria anima.

Parte dell’agonia delle anime all’Inferno è costituita dalla chiara conoscenza che hanno di come avrebbero potuto evitare facilmente la dannazione.

I dannati non cattolici potrebbero dire: “Sapevo che c’era qualcosa come il Cattolicesimo, ma ho scelto di non approfondire perché mi sono subito accorto che avrei dovuto cambiare il mio modo di vivere.” (Winston Churchill una volta disse che ogni uomo si imbatte nella verità in qualche momento della sua vita, ma la maggior parte di loro gira la testa nella direzione opposta.)

I dannati cattolici potrebbero dire: “Dio mi ha dato la Fede e sapevo che tutto quello di cui avevo bisogno era fare una buona confessione, ma ho ritenuto che fosse più conveniente non farla, e così sono morto nei miei peccati . . .”.

Tutte le anime all’Inferno sanno che si trovano lì per loro colpa, per loro scelta. Non Dio è da biasimare. Infatti, guardando indietro alla loro vita sulla terra, esse vedono chiaramente quanto ha fatto Dio per cercare di fermarle dal precipitarsi nell’Inferno, ma esse hanno scelto liberamente il loro destino e Dio ha rispettato questa scelta . . . . Tuttavia, vediamo di approfondire un po’ la questione.

Essendo infinitamente buono, infinitamente generoso e infinitamente felice, Dio ha scelto di creare – e non era in alcun modo obbligato – esseri in grado di condividere la sua felicità. Dal momento che Egli è puro spirito ( Gv . IV, 24), tali creature avrebbero dovuto essere spirituali e non solo materiali, come gli animali, i vegetali o i minerali. Da qui la creazione degli angeli, senza alcuna parte materiale, e degli uomini, con un’anima spirituale in un corpo materiale.

Ma questo stesso spirito, per il quale gli angeli e gli uomini sono in grado di partecipare alla felicità divina, include necessariamente la ragione e il libero arbitrio, anzi è proprio col libero arbitrio, con lo scegliere liberamente Dio, che si merita di partecipare alla sua felicità.

Ma come potrebbe essere davvero libero lo scegliere Dio, se non ci fosse la scelta alternativa di potersi allontanare da Lui?

Che merito avrebbe un ragazzo nell’acquistare un volume di Dante, se nella libreria ci fossero solo volumi di Dante?

E se la cattiva alternativa esiste, e il libero arbitrio è una realtà e non una finzione, com’è possibile che ci siano angeli o uomini che scelgono ciò che non è buono?

Tuttavia, ci si può ancora chiedere: come mai Dio può aver deciso di consentire alla maggior parte delle anime (Mt . VII, 13–14; XX, 16) di incorrere nella terribile punizione riservata a coloro che rifiutanoil suo amore?

Risposta, più l’Inferno è terribile e più è cosa certa che ad ogni uomo vivente Dio offre la grazia, la luce e la forza sufficienti per evitarlo, ma, come spiega San Tommaso, la maggioranza degli uomini preferisce le attuali e conosciute gioie dei sensi alle future e sconosciute gioie del Paradiso.

Ma allora, perché Dio ha connesso piaceri così forti ai sensi?

In parte, indubbiamente, per assicurare che i genitori abbiano dei figli per popolare il suo Cielo, ma sicuramente anche per rendere più meritorio il comportamento di ogni essere umano che sottomette il perseguimento del piacere in questa vita alle vere delizie della vita futura, le quali potranno essere nostre col volerlo !

Abbiamo bisogno solo di volerle abbastanza “violentemente” (Mt . XI, 12)!

Dio non è un Dio mediocre, e alle anime che lo amano vuole offrire un Paradiso non mediocre.

Kyrie eleison.Londra, Inghilterra

“Impégnati di Più!”

“Impégnati di Più!” on Novembre 13, 2010

Un amico non cattolico che conosco da oltre 50 anni mi ha detto recentemente, “Come invidio la tua certezza!” Dal che ho dedotto che egli desidererebbe credere ciò che credono i cattolici, ma pensa di non poterlo fare. Sono stato tentato di rispondere, “Impégnati di più!”, ma in quella occasione ho taciuto.

Ora, il credere è un atto della mente e non della volontà, ma quando la mente deve credere le verità soprannaturali della Fede, che sono intrinsecamente al di sopra della sua portata naturale, essa ha bisogno della spinta della volontà. Quindi, pur non essendo il credo soprannaturale un atto della volontà, esso è impossibile senza quest’atto. “Nessuno crede contro la sua volontà”, dice Sant’Agostino. È questo il motivo per cui “impegnarsi di più” con la volontà è il consiglio che si può dare a qualcuno la cui mente non crede, consiglio che non è così irragionevole come può sembrare. E se le credenze verso cui è spinta la volontà sono oggettivamente vere, un tale consiglio non indurrà a scambiare i suoi desideri per la realtà.

Per prima cosa, però, se un uomo invidia realmente e veramente la certezza dei credenti cattolici, dovrebbe applicare la sua mente nello studio di come siano ragionevoli le credenze cattoliche. Queste potranno essere al di sopra della ragione umana, ma non sono contrarie ad essa.

Com’è possibile? È possibile che Dio crei la ragione umana e al tempo stesso imponga di credere delle verità che si farebbero beffe di questa ragione? Sarebbe in contraddizione con Sé stesso. San Tommaso, nella sua “Summa theologiae”, dimostra costantemente che fede e ragione sono intrinsecamente distinte, ma in perfetta armonia tra loro.

Quindi, ciò che può fare la ragione umana, e che dovrebbe fare il mio amico, è di costruire una rampa naturale verso la Fede soprannaturale, per esempio per mezzo dello studio dei ragionevolissimi argomenti che provano l’esistenza di Dio, la divinità dell’uomo Gesù Cristo e la di Lui divina istituzione della Chiesa Cattolica Romana. Questi argomenti sono ben alla portata della ragione naturale, a condizione che la volontà non vi si opponga , perché una mente sviata non riconoscerà mai la verità che ha di fronte. La volontà deve volere la realtà, altrimenti la mente non coglierà mai la verità.

Per noi uomini, la verità consiste nella conformità della nostra mente alla realtà.

Una volta che un uomo abbia fatto tutto il possibile con la retta ragione e la buona volontà, così da cogliere la ragionevolezza della Fede, con questo non possiederà la fede soprannaturale, che resta un dono di Dio. Tuttavia, Dio come può chiederci di credere (pena la dannazione eterna – Mc XVI, 16), e insieme rifiutare il dono della fede ad un’anima che ha fatto tutto ciò che rientra nelle sue possibilità naturali – ma Dio non può essere ingannato – per prepararsi a ricevere tale dono? Soprattutto se, com’è ragionevole, dopo aver fatto il possibile, quest’anima Gli chieda umilmente questo dono con la preghiera?

Egli resiste ai superbi, ma concede i suoi doni agli umili (Gc. IV, 6) e si lascia trovare da coloro che lo cercano con cuore integro (Dt. IV, 29; Ger. XXIX, 13; Lam. III, 25, e molte altre citazioni del Vecchio Testamento).

Caro amico, leggi e chiedi. Impegnandoti, è molto probabile che tu riesca a far tua la certezza.

Kyrie eleison.Londra, Inghilterra