religione

Ambiguità Conciliare

Ambiguità Conciliare on Aprile 14, 2012

Immaginate un fante forte e bene armato che mentre insegue il nemico incappa nelle sabbie mobili. Questo è quello che accade ad un bravo cattolico armato della verità, che si avventura nella critica dei documenti del Vaticano II. Essi sono una palude di ambiguità, esattamente ciò che si voleva che fossero. Se in essi la religione dell’uomo fosse stata promossa apertamente, i Padri Conciliari l’avrebbero rigettata con orrore. Invece la nuova religione è stata abilmente mascherata con documenti elaborati in modo da lasciare aperte opposte interpretazioni. Prendiamo un esempio chiaro e cruciale.

Al n. 8 della Dei Verbum si trova un testo sulla Tradizione che Giovanni Paolo II usò per condannare Mons. Lefebvre nel 1988: A/ “Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo”. B/ “cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse”. Questo avviene in diversi modi, C/ “sia con la comprensione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro”, D/ “sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali”, E/ “sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità”.

Ora, la vera Tradizione cattolica è radicalmente oggettiva. Come il buon senso afferma che la realtà è oggettiva, intendendo che gli oggetti sono quello che sono, fuori di noi e indipendentemente da ciò che qualsiasi soggetto pretenda che siano, così la vera Chiesa insegna che la Tradizione cattolica viene da Dio ed è ciò che Dio ha fatto, così che nessun essere umano può minimamente cambiarne una virgola. Ecco quindi quale sarebbe l’interpretazione cattolica del testo citato: A/ “Col passare del tempo si ha un progresso nel modo in cui i cattolici colgono le verità immutabili della Fede”, B/ “I cattolici possono cogliere in profondità queste verità”, C/ “meditandole e studiandole”, D/ “penetrando sempre più profondamente in esse, e E/ “con la predicazione dei vescovi aspetti inediti delle stesse verità”. Questa interpretazione è perfettamente cattolica perché ogni cambiamento è relativo alle persone, che cambiano nel corso dei secoli, mentre nessun cambiamento è relativo alle verità rivelate, che costituiscono il Deposito della Fede o Tradizione.

Ma vediamo adesso come lo stesso passo della Dei Verbum può essere inteso non oggettivamente, ma soggettivamente, facendo dipendere il contenuto delle verità, cambiandolo, dai soggetti cattolici: A/ La verità cattolica vive e cresce col passare del tempo, perché B/ i cattolici attuali hanno intuizioni che i cattolici del passato non avevano, così che C/ scoprono nei loro cuori, in se stessi , nuove sopraggiunte verità, D/ frutto della loro esperienza spirituale interiore . Inoltre, E/ la verità cattolica cresce quando i vescovi predicano cose prima sconosciute , perché i vescovi non possono raccontare falsità (!). (In altre parole, prendete la religione che vi fa star bene, ma a condizione che si “preghi, paghi e obbedisca” a noi modernisti.)

Ora, sta proprio qui l’enorme problema: se si accusa questo testo della Dei Verbum di promuovere il modernismo, i cattolici conservatori (che conservano poco, ma hanno una gran fede negli infedeli uomini di Chiesa) replicano immediatamente che il reale significato del testo è il primo di cui sopra, quello tradizionale. Mentre invece, quando Giovanni Paolo II in Ecclesia Dei Adflicta usa questo testo per condannare Mons. Lefebvre e insieme le consacrazioni del 1988 , ovviamente ha potuto prendere tale testo solo nel suo significato modernista. Azioni come questa parlano molto più delle parole.

Cari lettori, leggete questo testo più e più volte, insieme alle due interpretazioni, e finirete col cogliere la diabolica ambiguità di questo disgraziato Concilio.

Kyrie eleison.

Pericolo Grave

Pericolo Grave on Marzo 31, 2012

Il desiderio di certi sacerdoti della Fraternità San Pio X di ricercare un accordo pratico con le autorità della Chiesa, senza un accordo dottrinale, sembra essere una tentazione ricorrente. Per anni Mons. Fellay, come Superiore Generale della Fraternità, ha rifiutato l’idea, ma quando il 2 febbraio a Winona ha detto che Roma è disposta ad accettare la Fraternità così com’essa è, e che è pronta a soddisfare “tutte le esigenze della Fraternità . . . a livello pratico”, è come se Roma proponesse ancora una volta la medesima tentazione.

Tuttavia, le ultime notizie da Roma saranno note a molti di voi: a meno che non stia giuocando con la FSSPX, il Vaticano, lo scorso venerdì 16 marzo, ha comunicato che la risposta di gennaio di Mons. Fellay al Preambolo Dottrinale del 14 settembre dell’anno scorso, non è considerata “sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità”. E il Vaticano ha dato alla FSSPX un mese di tempo per “chiarire la sua posizione” ed “evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili”.

Ma cosa accadrebbe se Roma ad un tratto cessasse di chiedere l’accettazione del Concilio e della nuova Messa? Cosa accadrebbe se Roma dicesse: “Va bene. Ci abbiamo pensato. Rientrate nella Chiesa come avete chiesto. Vi daremo la libertà di criticare a piacimento il Concilio e la libertà di celebrare esclusivamente la Messa tridentina. Ma rientrate!” Da parte di Roma potrebbe essere una mossa molto astuta: come potrebbe rifiutare la Fraternità senza apparire incoerente e decisamente ingrata? Eppure dovrebbe rifiutare, pena la sua sopravvivenza. Parole pesanti: pena la sua sopravvivenza! Ma ecco in materia un commento di Mons. Lefebvre.

Il 5 maggio 1988 egli firmò col Card. Ratzinger il protocollo (una bozza provvisoria) di un accordo pratico fra Roma e la Fraternità. Il 6 maggio ritirò la sua firma (provvisoria). Il 13 giugno disse: “Col protocollo del 5 maggio saremmo presto morti. Non saremmo durati un anno. Adesso la Fraternità è unita, ma con quel protocollo avremmo dovuto stabilire dei rapporti con loro, si sarebbe prodotta la divisione in seno alla Fraternità, ogni cosa sarebbe divenuta causa di divisioni” (la sottolineatura è nostra). “Per il fatto che saremmo stati uniti con Roma, sarebbero giunte nuove vocazioni, ma queste non avrebbero tollerato un disaccordo con Roma – che significa divisione. Cosí come stanno adesso le cose, le vocazioni si vagliano da sé prima di venire da noi” (cosa che è ancora vera nei seminari della Fraternità).

E perché una tale divisione? (le vocazioni che sarebbero controverse sono solo un esempio tra tanti altri). Semplice, perché il protocollo del 5 maggio avrebbe sancito un accordo pratico basato su un radicale disaccordo dottrinale fra la religione di Dio e la religione dell’uomo. L’Arcivescovo continuava dicendo: “Ci stanno tirando verso il Concilio . . . mentre da parte nostra, mantenendoci distanti da loro, stiamo salvando la Fraternità e la Tradizione (la sottolineatura è nostra). Ma allora perché l’Arcivescovo aveva cercato prima un tale accordo? Egli diceva: “Abbiamo fatto un onesto sforzo per mantenere la Tradizione dentro la Chiesa ufficiale. Si è rivelato impossibile. Essi non sono cambiati, se non in peggio”.

Sono cambiati dal 1988? Molti pensano, solo sempre in peggio.

Kyrie eleison.

Di Fronte al Caos

Di Fronte al Caos on Febbraio 18, 2012

Gli attenti lettori di questi “Commenti” possono aver colto un’apparente contraddizione. Per un verso i “Commenti” hanno ripetutamente condannato ogni elemento moderno nelle arti (p. e. CE 114, 120, 144, 157, etc.); per l’altro la scorsa settimana il poeta anglo-americano T. S. Eliot è stato definito “arcimodernista” e contemporaneamente elogiato per aver lanciato un nuovo stile poetico più aderente ai tempi moderni, certamente caotici.

Come hanno spesso detto i “Commenti”, la modernità nelle arti è caratterizzata dalla disarmonia e dalla bruttezza, perché l’uomo moderno sceglie sempre più di vivere senza o contro Dio, che ha posto ordine e bellezza in tutta la Sua creazione. Quest’ordine e questa bellezza sono oggi talmente sepolti sotto i fasti e le opere dell’uomo senza Dio, che è facile per gli artisti credere che non ci siano più. Se poi la loro arte consiste nell’aderire a ciò che percepiscono dell’ambiente e della società, solo eccezionalmente un artista moderno potrà trasmettere qualcosa dell’ordine divino che sta sotto la disordinata superficie della vita moderna. I più moderni artisti hanno rinunciato all’ordine e al pari dei loro committenti sguazzano nel disordine.

Ma Eliot nacque e crebbe alla fine del XIX secolo, quando la società era ancora relativamente ordinata, ed egli ricevette negli USA una buona educazione classica quando soli pochi nascosti furfanti sognavano di rimpiazzare l’educazione con la formazione secondo concetti disumani. Così Eliot, in gioventù, può aver avuto poco o nessun accesso alla vera religione, ma fu ben introdotto nelle cose da essa derivate fin dal Medio Evo, i classici della musica e della letteratura occidentali. Ricercando e rilevando in essi quell’ordine che mancava intorno a lui, Eliot fu quindi in grado di cogliere il nascosto profondo disordine del nascente XX secolo, un disordine che semplicemente esplose nella Prima Guerra Mondiale (1914–1918). Da qui La Terra Desolata del 1922.

Ma in quel poema egli è lungi dallo sguazzare nel disordine. Al contrario, lo odia chiaramente, mostrando quanto ad esso manchi di calore e di valori umani. Così, La Terra Desolata potrà contenere poche tracce della religione dell’Occidente, ma si conclude con frammenti della religione d’Oriente, e come dice Scruton, Eliot delineò certamente la profonda religiosità del problema. In effetti, pochi anni dopo Eliot quasi divenne cattolico, ma si spaventò per la condanna di Pio XI che nel 1926 colpì l’”Action française”, una condanna nella quale egli scorgeva più il problema che la sua soluzione. Così, grato all’Inghilterra per tutto ciò che gli aveva dato circa il senso dell’ordine tradizionale, si decise per una soluzione meno compiuta, combinando anglicanesimo e fine cultura, con un Rosario sempre in tasca. Ma Dio scrive diritto sulle righe storte. Quante anime in cerca di ordine sarebbero rimaste lontane da Shakespeare o da Eliot se avessero pensato che entrambi, essendo pienamente cattolici, fornivano della vita risposte solo artificiali e non vere.

È triste, ma è così. Oggi le anime possono ingannarsi in un modo o in un altro se evitano gli autori o gli artisti cattolici sulla base dell’idea che non sono sinceri sulla vita reale, spetta ai cattolici non dar loro una simile scusa. Noi cattolici dobbiamo mostrare col nostro esempio che non abbiamo ammorbidito il nostro spirito con le soluzioni artificiali, necessariamente false, a fronte della profondità del problema moderno. Non siamo angeli, ma creature terrene chiamate al Cielo, se saremo in grado di assumere la nostra croce moderna per seguire Nostro Signore Gesù Cristo. Solo seguaci così possono rifare la Chiesa, e il mondo!

Kyrie eleison.

Finanza Criminale – II

Finanza Criminale – II on Febbraio 4, 2012

La finanza criminale ha oggi un significato religioso, perché sta svolgendo un ruolo importante nella riduzione in schiavitù del mondo intero da parte dei coscienti o incoscienti nemici di Dio, i più brillanti dei quali devono essere ben consapevoli che il loro scopo ultimo è di condurre ogni singola anima all’Inferno. Tuttavia, prima di indicare un altro elemento della loro macchinazione finanziaria, è necessario comprendere tutta la criminalità del sistema bancario a riserva frazionata, già introdotta dal numero di Commenti Eleison del 29 ottobre dell’anno scorso.

Sistema bancario a riserva frazionata significa che una banca deve avere come riserva, pronta da versare ai clienti, solo una piccola parte del denaro che mette in circolazione. Tale sistema è nato in Europa nel tardo Medio Evo, quando i banchieri si avvidero che se prendevano in deposito, diciamo, 100 once di oro, dando in cambio 100 foglietti certificanti che i loro possessori avrebbero potuto richiedere alla banca la quantità di oro corrispondente, di fatto quasi mai si verificava che più di dieci clienti contemporaneamente presentassero all’incasso i loro certificati per avere indietro l’oro depositato. Fintanto che la gente aveva fiducia che la banca potesse e volesse sempre avere pronto l’oro da restituire a fronte dei certificati, questi avrebbero potuto essere usati come moneta e come tali circolare tra la gente.

A questo punto i banchieri capirono che per il loro normale giro d’affari avevano bisogno di avere una riserva di soli 10 once d’oro a fronte dei 100 certificati, oppure, avendo acquisito in deposito 100 once d’oro, avrebbero potuto emettere 1000 certificati cartacei. Di questi, 900 non sarebbero onorati all’incasso. Si trattava di “denaro facile”, creato dalla banca dal nulla, che non avrebbe destato interesse fintanto che solo una percentuale di un cliente su dieci avrebbe presentato all’incasso il suo certificato cartaceo per riscuotere il suo pezzo d’oro.

Stando così le cose, la banca non ha l’oro per tutti i certificati e quindi, se più di un cliente su dieci volesse il suo oro nello stesso tempo, o dovrebbe farsi prestare rapidamente dell’oro da altri o la gente finirebbe col capire che è stata operata una truffa nei suoi confronti. Se allora la fiducia nella banca viene meno, tutti vorranno indietro il loro denaro contemporaneamente – l’assalto agli sportelli è reso possibile solo dal sistema bancario a riserva frazionata – e un gran numero di clienti si ritroverà in mano solo dei pezzi di carta. Ovviamente, la banca farà bancarotta e si può sperare che finisca con lo sparire del tutto.

In tal modo, ovunque vi sia il sistema bancario a riserva frazionata, la banca è intrinsecamente fragile e, in definitiva, specula sulla fiducia dei suoi clienti. Estrinsecamente, essa può proteggersi avendo a sostegno una garanzia in caso di bisogno, spesso costituita da una banca centrale, garanzia sicura per quanto è sicuro il garante, che però nel frattempo dà un potere pericoloso ad ogni banca centrale. Nasce così un’altra storia di finanza criminale, ma quella dell’interesse composto viene prima.

È in giuoco il potere e in definitiva le anime. Che nessuno dica che questi interrogativi non hanno un significato religioso! Basta pensare al Vitello d’Oro.

Kyrie eleison.

Religione di Stato ? – III

Religione di Stato ? – III on Gennaio 14, 2012

Affermare che gli Stati non devono professare o proteggere la religione cattolica è un classico errore liberale e uno dei maggiori errori del Vaticano II. Il liberalismo afferma, per così dire: “Non attacchiamo il cattolicesimo di petto, ma col divide et impera . Separiamo l’uomo individuale dalla società, fingendo che non sia un animale sociale, ed ecco che la religione diventa un affare puramente individuale. Questo ci permetterà di prendere le redini della società, e una volta che l’avremo resa liberale, con quest’arma potente potremo ritornare all’individuo per liberalizzare anche lui, perché ovviamente l’uomo è un animale sociale! Se poi un individuo non vorrà essere liberale, avrà grande difficoltà a resistere alla società che avremo liberalizzato.” Non è così? Basta guardarsi intorno! Rispondiamo adesso ad altre tre obiezioni contro la dottrina che, per la salvezza delle anime, sostiene che ogni Stato dovrebbe essere cattolico.

Eccellenza, Nostro Signore stesso ha detto: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt. XXII, 21). Qui Nostro Signore separa chiaramente la Chiesa dallo Stato. Quindi, nessuno Stato dovrebbe farsi coinvolgere nel cattolicesimo o in qualunque altra religione.

Risposta: No, qui Nostro Signore non separa la Chiesa dallo Stato! Egli parla della distinzione, dettata dal buon senso, tra ciò che l’individuo deve allo Stato (tasse, ecc.) e ciò che deve a Dio (culto). Nostro Signore non dice affatto che lo Stato temporale non deve alcunché all’eterno Iddio. Infatti, lo Stato, essendo l’autorità temporale collettiva di un insieme di esseri umani, negli atti della sua autorità deve a Dio quello stesso che tutti noi dobbiamo a Lui come esseri sociali , vale a dire l’osservanza sociale della Sua legge naturale, che per quella Chiesa che la semplice ragione naturale può già vedere essere vera, significa tutto il riconoscimento e la promozione sociale richieste dal bisogno di salvezza delle anime.

Ma discernere quale sia la vera religione è cosa che deve fare l’individuo. Quindi, come può lo Stato come tale essere obbligato ad essere cattolico per principio?

Risposta. Lo Stato non è altro che l’associazione morale (cioè non-materiale), in un corpo politico, di un numero maggiore o minore di esseri umani fisici (cioè materiali). Ma ognuno di questi esseri umani, con il mero uso corretto della sua ragione naturale, anche non avendo la virtù soprannaturale della fede, è in grado di capire che Dio esiste, che Gesù Cristo è Dio e che la Chiesa cattolica è l’unica Chiesa fondata da Gesù Cristo. Se quindi un dato Stato non discerne quale sia la vera religione, non è perché i suoi cittadini non possono capire, ma perché per tutta una serie di motivi non lo fanno , o non vogliono farlo usando correttamente la ragione che Dio ha dato loro. Infatti, essi sono in grado di capire e, non facendolo, hanno tutti davanti a Dio una maggiore o minore responsabilità, da Lui perfettamente valutata a seconda delle circostanze.

Ma, Eccellenza, insistendo nel dire che ogni Stato ha l’obbligo di essere cattolico, Lei non farà altro che alienare molta gente dalla buona dottrina.

Ogni Stato dovrebbe essere cattolico per la gloria di Dio e la salvezza eterna delle anime. Quindi, per gli uomini troppo ignoranti o corrotti, ai quali questa verità non dice niente, ma li allontana, è possibile, senza minimizzare il principio, proclamarla loro con prudenza, cosa che non la rende meno vera. I veri principi non sono meno veri se qualche volta è necessario che nella pratica li si proclami con una certa prudenza. Certamente, però, ai lettori di questi “Commenti” può essere detta la verità tutta intera!

Kyrie eleison.

Roma Insiste

Roma Insiste on Dicembre 17, 2011

All’incirca nello stesso periodo in cui Mons. Fellay faceva sapere che la FSSPX chiederà dei chiarimenti sul Preambolo Dottrinale, la risposta ai colloqui dottrinali svoltisi dal 2009 alla primavera di quest’anno, uno dei quattro teologi romani che presero parte a questi colloqui, Mons. Fernando Ocáriz, ha pubblicato un articolo, “Sull’adesione al Concilio Vaticano II”. Il suo tempismo dimostra che non siamo fuori dai guai, al contrario! Ma veniamo ai suoi argomenti, che almeno sono chiari.

Nella sua introduzione egli sostiene che il Concilio “pastorale” è stato comunque dottrinale. Ciò che è pastorale è basato sulla dottrina. Ciò che è pastorale intende salvare le anime, il che implica la dottrina. I documenti del Concilio contengono parecchia dottrina. Bene! Quanto meno, il Monsignore non cerca di schivare le accuse dottrinali rivolte al Concilio, dicendo che non fu dottrinale, come hanno fatto molti difensori di questo Concilio.

In seguito, circa il Magistero della Chiesa in generale, egli sostiene che il Vaticano II fu condotto da vescovi cattolici che hanno “il carisma della verità, l’autorità di Cristo e la luce dello Spirito Santo”. Negarlo, egli dice, “significa negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa”. Ma, Monsignore, che dire allora della massa dei vescovi cattolici che seguirono l’eresia ariana sotto Papa Liberio? Eccezionalmente, perfino la quasi totalità dei vescovi cattolici può andare dottrinalmente fuori strada. Se è successo una volta, può succedere ancora. È successo col Vaticano II, come dimostrano i documenti.

Continua quindi, sostenendo che gli insegnamenti non dogmatici e non definiti del Concilio richiedono nondimeno l’ossequio dei cattolici, “ossequio religioso della volontà e dell’intelletto”, che costituisce “un atto di obbedienza, radicata nella fiducia nell’assistenza divina al Magistero”. Monsignore, ai vescovi conciliari, come ai vescovi ariani, Iddio offrì indubbiamente tutta l’assistenza di cui avevano bisogno, ma essi la rifiutarono, com’è dimostrato nel caso di Vaticano II dall’allontanamento dei loro documenti dalla Sua Tradizione.

Infine, Mons. Ocáriz dà per scontato che dal momento che il Magistero cattolico è in continuità e il Vaticano II è stato Magistero, i suoi insegnamenti possono essere solo in continuità col passato. E se appaiono in rottura col passato, la cosa che il cattolico deve fare è interpretarli come se non vi sia alcuna rottura, come fa per esempio “l’ermeneutica della continuità” di Benedetto XVI. Ma, Monsignore, questi argomenti possono essere ribaltati. In effetti, vi è rottura dottrinale, come risulta dall’esame degli stessi documenti conciliari. (Per esempio, vi è (Vaticano II), o non vi è (Tradizione) un diritto umano a che non venga impedita la diffusione dell’errore?). Pertanto, il Vaticano II non è vero Magistero della Chiesa, tale che la cosa che il cattolico deve fare è mostrare che c’è davvero rottura con la Tradizione, come fece Mons. Lefebvre, invece di far finta che tale rottura non ci sia.

Per ultimo il Monsignore afferma che solo il Magistero può interpretare il Magistero. Il che ci riporta punto e a capo.

Cari lettori, Roma non è affatto fuori dai guai. Che il Cielo ci aiuti.

Kyrie eleison.